lunedì 15 dicembre 2014

domenica 14 dicembre 2014

JESUS RAFAEL SOTO - GALLERIA DEL DEPOSITO 1966




JESUS RAFAEL SOTO
alla galleria del Deposito
febbraio 1966
(foto Giorgio Bergami / Publifoto)


FUTURISMO. I GRANDI TEMI 1909 1944 - PALAZZO DUCALE 1997-1998




FUTURISMO, I GRANDI TEMI (1909-1944)
a cura di Enrico Crispolti e Franco Sborgi
Palazzo Ducale 
18/12/1997-8/3/1998


venerdì 12 dicembre 2014

PRETOLANI, CAMINATI, GALLETTA - BELGRADO 1979




Angelo Pretolani, Aurelio Caminati, Giuliano Galletta, Mario Pretolani
Belgrado, giugno 1979
(in occasione del ciclo di performances Belgrado-Genova, aree di sconfinamento geo/grafico, allo Studentski Kulturni Centar, a cura di Viana Conti)
Foto Viana Conti


ROBERTA LUCENTINI: LA MANIFATTURAM MITA TRA ARTIGIANATO E DESIGN - IUSS PRESS 2014




ROBERTA LUCENTINI
LA MANIFATTURA MITA TRA ARTIGIANATO E DESIGN
IUSS Press 2014

La M.I.T.A., Manifattura Italiana Tessuti Artistici, è stata inaugurata nel 1926 a Genova Nervi e ha concluso la sua storia dopo cinquant'anni, nel 1976. Ha prodotto tappeti, arazzi e tessuti stampati a firma dei più importanti artisti e architetti di fama nazionale e internazionale.  


martedì 9 dicembre 2014

BIANCA PASSARELLI - STUDIO LEONARDI 1987





BIANCA PASSARELLI

Studio Leonardi
giugno 1987


Gli elementi espressivi - trama di piani, ordito fitto di segni - sui quali poggia l'attuale immagine di Bianca Passarelli, fanno parte di un linguaggio che ha origine in quella ricerca di introspezione pittorica dell'oggetto che era propria alla sua precedente esperienza. Essa, proprio perché si poneva come obiettivo l'oggetto in una particolare accezione, esigeva la ricerca, di un preciso sistema linguistico. Questo sistema offriva segni scaturiti da un progressivo avvicinamento all'oggetto, non una rappresentazione dello stesso quanto, piuttosto, una rievocazione plastica dell'immagine, o dell'impronta, che aveva sedimentato nella coscienza. 
L'oggetto plastico di cui l'artista si occupava era per così dire un oggetto significante. Che aveva cioè una sua vita certa, seppure indecifrabile, nella vita quotidiana, che accompagnava l'esistenza pur essendo una presenza estranea ad essa: si trattava di capirlo per capirsi, affrontando nei segni il senso irresoluto che esso doveva pur avere in quanto presente nella vita dell'artista. Qualcosa di simile deve aver cercato Giacometti: ciò spiega il suo accanirsi intorno all'esistenza plastica degli oggetti che popolano la grigia uniformità del quotidiano. 
Bianca Passarelli era così giunta a costituirsi un linguaggio plastico che riempiva l'estraneità e l'assenza dispiegando di fronte ad essa una sorta di trama dell'emozione. Questa risposta alle sollecitazioni degli oggetti diveniva come una biografia della solitudine spirituale, un mondo interno da opporre all' assenza. Credo che questa trama, intrisa di segrete inclinazioni al mistero delle cose, abbia raggiunto un' autonomia e un'intensità tale da potersi misurare con quell'universo percettivo delle immagini che l'artista sembrava allora rifuggire. E accaduto così che la Passarelli abbia spostato il suo interesse daIl'oggetto privato all'inafferrabile, lieve spessore che esso acquista allorchè entra in quel più vasto continuum percettivo del quale si alimenta la nostra quotidiana esperienza del mondo. 
Improvvisamente il consolidato sistema linguistico, restando intatti i suoi valori di espressività, acquisiva la facoltà di intrattenersi con l'universo della percezione. L'oggetto nel suo significato esistenziale, biografico, spariva dalla pittura della Passarelli. Essa si struttura ora sul flusso delle immagini: per questo il ritmo s'è fatto più largo e le profondità che la sostanziano si organizzano sulla dimensione della trascorrenza 
piuttosto che sull'accentramento intorno ai nodi plastici degli oggetti. Accadeva nel passato di riscontrare una convergenza dei segni verso i luoghi decisivi della cosa, e il diffondersi di aloni intorno al suo inquieto enigma. Ora essa ha disciolto il suo , mistero nella trascorrenza della propria immagine, e il filo dell'irrisolto senso va piuttosto cercato nel ritmo che raduna i frammenti dispersi della percezione nel caleidoscopi o dei piani e nella continuità dei segni che la rocchiudono. Anche il colore ha subito una sua interna metamorfosi. Esso ha assunto una trasparenza che non rimanda più agli echi interni dello spazio pittorico, ma ribalta l'immagine sulla fantastica mobilità delle situazioni ambientali. Non che il colore abbia perduto le sue valenze emozionali: semplicemente s'è aperto un accesso dalla zona separata dell'interiorità, dove un recesso d'ombra è una risonanza solo che si faccia colore, alla vitalità continuo degli spazi colorati in cui accade la simultaneità meravigliante degli oggetti-immagine. L'artista gioca ora l'esistenza della sua pittura sulla possibilità che le rifrangenze luminose delle immagini hanno di stare alla trama spaziale dei segni come al luogo in cui il trascorrente universo della percezione trovi un possibile senso umano e poetico. 

Gianfranco Bruno

IL VIAGGIO DELL'UOMO IMMOBILE - MUSEO DI VILLA CROCE 2003



I
L VIAGGIO DELL'UOMO IMMOBILE
a cura di Sandra Solimano
Museo di Villa Croce
29 ottobre 2003 - 1 febbraio 2004
Catalogo Edizioni Neos
Testi di René Berger, Lola Bonora, Viana Conti, Vittorio Fagone, Maria Perosino, Frank Popper, Sandro Ricaldone, Sandra Solimano.
Opere di Laurie Anderson, Maurizio Bolognini, Monika Bravo, Philip Corner, Edmond Couchot e Michel Bret, Marc Didou, Jean Pierre Giovanelli, Alexander Hahn, Franziska Megert, Chantal Michel, Tony Oursler, Mari Oyama, Nam June Paik, Fabrizio Plessi, Peter Sarkisian, Studio Azzurro, Bill Viola, Yuan Shun.



domenica 7 dicembre 2014

LOUIS SOUTTER - ACCADEMIA LIGUSTICA DI BELLE ARTI 1986




LOUIS SOUTTER
Accademia Ligustica di Belle Arti
Ottobre 1986
(testo di Gianfranco Bruno)


PIERGIORGIO COLOMBARA: IL CANTO DELLA CLESSIDRA - 1985




PIERGIORGIO COLOMBARA
IL CANTO DELLA CLESSIDRA
testi di Marco Ercolani e Sandro Ricaldone
Unimedia 1985

IL CARRO DI FUOCO

Un intreccio di reminiscenze mitologiche s'innesta attorno a "Il Carro di Fuoco", impropriamente - per un verso - ma esattamente, anche. Giacché si tratta di materiali utilizzati non in conformità ai canoni della "citazione" ma sedimentati in un deposito di memorie da cui affiorano sciolti da ogni incrostazione culturale, nella loro originarietà metaforica. 
Gli elementi dell'installazione (la cui qualità mimetica: cartapesta anziché legno, sfumato in luogo d'ombra, metallo per luce - non s'indirizza al trompe-l'oeil bensì verso l'illusione nel senso più ampio, non semplice simulazione del reale ma suo trascendimento) richiamano, nella ruota infranta, la corsa precipitosa di Fetonte: nell'ala rescissa, il volo d'Icaro. 
Corsa e volo che si danno come un paradigma autobiografico, che si risolvono, eloquentemente, in un tuffo, nella discesa in un cono d'ombra al cui termine un punto segna un'origine che (secondo l'espressione di Karl Kraus) è - nel contempo - la meta. 
La relazione fra elementi contrari (luce / ombra: caduta / ascesi) più che uno schema dialettico pare sottenda un regime di assolute equivalente. Il disco che qui scorgiamo luminoso racchiude - nutre, forse - il soleil noir di Nerval. Ma certo il lavoro è più ricco, più vario d'impulsi rispetto a quanto ho sin qui accennato: colpisce - sotto il profilo formale - la ponderazione dei toni aurei, dei neri, dei grigi; l'equilibrio suggerito dai moduli triangolari, sottilmente legati e disgiunti; i motivi circolari che, in scala differente, si riprendono in diagonale... 
Vicino, come sospeso nell'aria, un corno inglese s'innalza, inconsueta girandola d'ottone, all'apice d'uno guglia. Il suono è abolito, dissipato secondo la sua essenza o rifluito nelle cavità dello strumento, prossimo a rimutarsi in fiato. Una "trottola" è posta più in là, acuminato, precario sostegno su cui si tiene in equilibrio il mondo. 
>Resi con cautela alla superficie, i frantumi (le reliquie) delle cose - un tempo disseminati a designare la traiettoria dei sentimenti, a fissare l'intermittente costellazione del ricordo - si fondono ora (non a caso rivestiti d'una color bronzo) in attrezzi o monumenti enigmatici, la cui inerzia esteriore lascia supporre una segreta, più vivida, concentrazione d'energie.

(dal catalogo della mostra Il canto della clessidra, Galleria Unimedia, Genova 1985)

venerdì 5 dicembre 2014

MAJAKOVSKIJ, MEYERCHOLD, STANISLAVSKIJ - 1974




MAJAKOVSKIJ, MEYERCHOLD, STANISLAVSKIJ
Mostre e Convegno
Palazzo Ducale - Palazzo San Giorgio 
Novembre 1974


giovedì 4 dicembre 2014

LUIGI CARLO DANERI: CHIESA DI SAN MARCELLINO - 1932-1935




LUIGI CARLO DANERI
PIER LUIGI NERVI (cupola a membrana in c.a.)
CHIESA DI SAN MARCELLINO
via Bologna 8
1932-1935


mercoledì 3 dicembre 2014

GORDON MATTA CLARK: GENUA DATUM CUT 73




GORDON MATTA CLARK 
"Genua Datum Cut 73"
1973. Genova, Italy
Col·lecció MACBA


In November 1973 Gordon Matta-Clark was invited by curator Paolo Minetti of Galleriaforma to exhibit in Genoa, Italy. Minetti offered him the possibility of working in a house, a simple one-story building that housed offices and drafting rooms for engineers and which was about to be demolished. Known for his “cutting” interventions on buildings that created a dialogue between art and architecture, Matta-Clark removed a square from the centre of the building’s pyramidal, terra-cotta tiled roof with a crane (Roof Top Atrium). The angular beams of light that fell into the house were then used as guidelines for slicing the interior walls (Datum Cuts).

“What fascinated me was the interior central plan. The act of cutting through from one space to another produces a certain complexity involving depth perception. Aspects of stratification probably interest me more than the unexpected views which are generated by the removals – not the surface, but the thin edge, the severed surface that reveals the autobiographical process of its making,” explained Matta-Clark about his project. 1 A W-Hole House was exhibited at Galleriaforma with sections of the wall, the roof of the building, photographs, and other works which the artist brought from New York.

http://www.cca.qc.ca/en/collection/7-gordon-matta-clark-a-w-hole-house


martedì 2 dicembre 2014

ISIDORE ISOU - UNIMEDIA 1989




ISIDORE ISOU
Unimedia 1989

ISIDORE ISOU
Compendio di un'introduzione a venire
di Sandro Ricaldone


Che sia occorso ad Ungaretti, anarchico in gioventù oltre che grande console di Francia nell'immaginaria repubblica ceccardiana d'Apua e, soprattutto, estremo scarnificatore del verso, ridotto ad un impianto fondato sulla parola o, addirittura, su ritmi di scansione sillabica, di munire un giovanissimo poeta rumeno - incontrato a Roma durante la sua marcia d'avvicinamento a Parigi - nell'immediato dopoguerra, d'una lettera di presentazione a Jean Paulhan non è da considerarsi circostanza semplicemente casuale, bensì (piuttosto) uno di quegli inavvertiti passaggi di consegne che talvolta segnano simbolicamente la vicenda della poesia.
Poco più' d'un anno dopo, nel 1947, Isou pubblicava infatti nella capitale francese, presso Gallimard, la sua "Introduction à une nouvelle poesie et à une nouvelle musique" in cui - dopo aver analizzato gli svolgimenti della poesia universale, individuandovi il succedersi d'una fase amplique (di ampiezza), narrativa ed aneddotica, da Omero a Victor Hugo, e d'un moto ciselant, teso, in una linea che da Baudelaire si estende in linea retta sino ad Apollinaire, alla concentrazione sul verso ed alla sua frantumazione - propone la "distruzione delle parole" (considerate misure aprioristiche) e la loro sostituzione con le lettere, atte "a captare ogni sollecitazione", capaci d' "integrare tutto nel Tutto", di agire "contro il linguaggio, per il piacere della lingua".
"La poesia che - nella fase d'ampiezza - s'è data come pittura, nel suo stadio ciselant tende a volgersi in musica". E al termine di questo processo la natura segnica e fonetica della lettera la rivela come indissociabile dato elementare, grafico e sonoro ad un tempo, a partire dal quale diviene possibile fondare una nuova espansione ove i tratti poetico, plastico e musicale si rivelano strettamente intrecciati.
E' questo il punto di partenza dell' "avventura lettrista", nel cui ambito Isou non ha cessato d'accumulare, negli anni, sovente con sensibile anticipo rispetto alla loro divulgazione, elaborazioni teoriche, procedimenti e realizzazioni artistiche, prassi comportamentali e profezie sociologiche (come quella del "Soulévement de la Jeunesse" teorizzato da Isou nel "Traité d'economie nucleaire" (1949), che prefigura il Maggio '68).
Se in questa sede appare superfluo analizzare partitamente l'impianto metodologico della ricostruzione, intrapresa da Isou, del corpus delle discipline estetiche e scientifiche del nostro tempo, nella quale l'aspirazione enciclopedica s'incrocia con una radicale volontà di sovvertimento delle concezioni stabilite, ciò che importa notare è non tanto la preminenza attribuita al momento teorico rispetto all'operatività concreta (fattore comune a molte esperienze d'avanguardia) quanto la precisa consapevolezza di tale squilibrio e la convalida che ne risulta.
Isou oltrepassa d'acchito la posizione di Valery, per il quale l'agire artistico rimane comunque destinato "a compiersi in una qualche opera" per affermare nelle "Explications aux critiques" (1941/44) che l'idea stessa - a prescindere dalla qualità della sua traduzione nella materia - "è comunque una realizzazione" e vale per le sue potenzialità, ancorchè meramente virtuali.
E' dunque nella direzione di una progressiva s/materializzazione dell'opera che s'indirizzano le pratiche elaborate da Isou e dai Lettristi, sebbene una diversa impressione possa venir suggerita dalle applicazioni in ambito plastico della metagrafia prima (1947) e quindi (1950) dell'ipergrafia, definita da Isou come la "struttura entro cui tutti i segni alfabetici acquisiti dai popoli scomparsi e da quelli tuttora esistenti vengono ripresi per la prima volta, riorganizzati in milioni di maniere differenti e superati dai segni artificiali inventati dai miei compagni e da me", apparentemente indirizzata alla fondazione di una poetica visuale del segno.
Ma sia la frammentazione della parola, sia la teorizzazione del silenzio, che dalla complementarità tra "instant-bruit" e "instant-silence" - presenza invisibile, "granulation du néant" - sostenuta nella "Premiere epitre aux lettristes" approdera' nel 1959 alla scoperta dell'afonismo (dominio estetico del silenzio), s'inscrivono nella prospettiva di un definitivo superamento di opportunità estetiche già esplorate (e perciò da sopprimere attraverso un procedimento detto di politanasia), mentre l'estapeirismo - metodo di virtualizzazione in cui gli elementi presentati hanno la funzione di evocarne altri, possibili od inesistenti, proposto nella "Introduction à l'esthétique imaginaire", 1956 - s'immette gia' decisamente in un ambito di immaterialità ed indeterminazione.
In campo cinematografico Isou interviene nel 1951 con il "Traité de bave et d'eternité", dispiegando una strategia volta alla dissoluzione dell'unitarieta' dell'opera attraverso il montaggio discrepante (che abolisce la sincronia tra immagine e colonna sonora), inquadrature prive d'interesse, l'aggressione dell'immagine stessa con graffi, macchie, strappi e delineando altresì una prospettiva metafilmica grazie all'introduzione nella vicenda del lancio d'un "Manifeste du cinema novateur" che enfatizza i criteri di realizzazione della pellicola.
Nell'ambito della creazione plastica, un'importanza del tutto particolare assume la meca-estetica integrale (la cui formulazione risale all' "Esthétique du cinema", 1952) che sancisce la possibilità di utilizzazione, a fini estetici, d'ogni materiale esistente od a venire. Da essa discende una sperimentazione vastissima di supporti inediti che dà luogo alla plastica "polverista" così come alla plastica liquida, alla scultura parlante, ai mobiles vivants, alla pittura escrementizia, all'arte vegetale ecc..
E ancora vanno menzionate la meccanica supertemporale (1960) aprendo l'opera all'intervento del pubblico - invitato da Isou a "utilizzare i quadri, i supporti e gli strumenti dislocati in galleria per sovraccaricarli d'opere, completarli, ricominciarli, abbandonarli e ricominciarli ancora" - l'immette in un flusso temporale tendenzialmente infinito; la plastica a-ottica in cui la discussione sull'opera (inesistente) sostituisce l'opera stessa; l'arte corporale, "omologata" dal movimento lettrista in testi che risalgono al 1950 come saggio premesso a "Les Journaux des Dieux", che contempla la possibilità "di sedersi, fumare, bere nel romanzo (metagrafico)" che sarà "abitato, riempito di persone".
Anche a voler prescindere da ogni questione circa l'effettiva influenza del Lettrismo su tendenze come la poesia sonora, la scrittura visuale, l'Abstraction lyrique (Mathieu), il cinema della Nouvelle Vague e Underground, il Nouveau Réalisme (Klein), il coté europeo di Fluxus (Ben), l'Arte Povera, la Body Art, il Concettuale, risulta comunque palese l'ampiezza e la sistematicità dello sforzo di riformulazione dell'artisticitè contemporanea sostenuto da Isou. E ci s'accorge, oggi, che la sua avventura creativa è stata realmente la "valanga" ch'egli aveva annunciato nel suo primo manifesto, poco meno di cinquant'anni fa.

TOOL - GALLERIA RINALDO ROTTA 1966




TOOL
Accame, Carrega, Grifi, Landi , Matti, Mignani, Mussio, Pedio, Simonetti, Vicinelli, Vitone
Galleria Rinaldo Rotta
31/10/1966 - 6/11/1966


domenica 30 novembre 2014

sabato 29 novembre 2014

CIRCOLO DEL CINEMA DI GENOVA - 1952-53




CIRCOLO DEL CINEMA DI GENOVA
Anno sociale 1952-1953
Sede di proiezione: Teatro postelegrafonico, Palazzo delle Poste



giovedì 27 novembre 2014

GIANNETTO FIESCHI: CATS ARE HUNGRY - 1953-55




GIANNETTO FIESCHI
CATS ARE HUNGRY
1953-1955
pag. 103


GIOVANNI ARPINO: SEI STATO FELICE GIOVANNI - EINAUDI 1952




GIOVANNI ARPINO
SEI STATO FELICE GIOVANNI
Einaudi 1952
Collana: Gettoni 

La storia è ambientata a Genova, tra i caruggi nei pressi del vecchio porto, negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale.
Giovanni e i suoi amici Mario e Mangiabuchi sono degli spiantati che cercano di tirare a campare con lavori occasionali. Mangiabuchi è un saltimbanco che fa spettacoli di strada. Giovanni è l'unico dei tre ad amare la cultura, e fa sacrifici per poter vivere da solo in una camera di un povero albergo e potersi ritagliare il tempo per leggere qualche libro. Giovanni è anche il bello del gruppo: gli piace la prostituta Giovanna, ma cede alle attenzioni di Olga, cameriera dell'albergo che gli porta da mangiare in camera per trascorrere una notte con lui.
Giovanni ha un modesto lavoro come assemblatore di cassette, ma viene licenziato. In occasione di una corsa ciclistica, Mario gli propone di vendere arance e bibite, ma il loro carretto viene investito da un camion e i debiti aumentano. Assediati dalla fame, Giovanni e i suoi amici inventano espedienti per mangiare qualcosa: in un'osteria mangiano e si ubriacano senza pagare il conto, e devono intervenire i carabinieri; poi uccidono una gatta per mangiarla arrosto, e uniscono al pasto anche le rane che Mangiabuchi usa nei suoi spettacoli.
Infine Giovanni si decide a chiedere aiuto a Francesco, un ex bancario divenuto contrabbandiere. Francesco lo fa entrare nel suo gruppo, Giovanni partecipa ad un'azione per trasportare a terra da una nave un carico di sigarette e guadagna una somma ingente, con cui riesce a pagare i suoi creditori. Dopo questo episodio Giovanni perde i contatti con Mario e Mangiabuchi, ma conosce Maria, una vedova più anziana di lui con la quale instaura una relazione, che finisce poco dopo quando Maria lo caccia.
I soldi guadagnati col contrabbando stanno per finire, e Giovanni deve trovare una soluzione per il futuro. Trascorre qualche tempo girovagando per la città, capisce che ha bisogno di «tornare a sperare», decide di partire e sale su un treno per Roma.
Il tema della felicità è richiamato spesso nel romanzo. Preso dallo sconforto, Giovanni capisce che si devono trovare dei motivi per reagire, e un motivo è egli stesso «non più felice». Quando intervengono i carabinieri, dopo l'episodio della cena non pagata, Giovanni, ubriaco, urla ripetutamente «sono molto felice». Girovagando per Genova dopo essere stato cacciato da Maria, Giovanni si imbatte nel busto di un poeta, al quale dice «sono stato felice e darei l'anima per esserlo ancora un poco».

http://it.wikipedia.org/wiki/Sei_stato_felice,_Giovanni

ROCCO BORELLA - 1972




ROCCO BORELLA
con uno dei suoi "Guard Rails" davanti alla chiesa di San Siro
1972
Foto di ADRIANO SILINGARDI


lunedì 24 novembre 2014

LUISELLA CARRETTA: INTORNO AD ATLANTIDE - 1969




LUISELLA CARRETTA
Senza titolo, 1969
(22x28 cm., china e trasferibili su carta)

INTORNO AD ATLANTIDE
Appunti per la città ideale
1969/2001

Un sogno.
La città era spettrale, di un colore livido e indefinito.
Gli uomini che si affollavano sui marciapiedi sembravano sagome vuote, senza identità, preoccupati solo di isolarsi in sé stessi per non vedere le fredde immagini delle strutture intorno a loro e non sentire i sibili assordanti e ripetitivi delle macchine che azionavano il movimento della città.
La loro trasparente identità aveva perduto anche quel residuo di linfa interna che, non molto tempo prima, ancora si poteva intravedere.
Forse, tra non molto, sarebbe finalmente arrivato il silenzio, ma non il silenzio avvolgente e corposo degli spazi naturali: un silenzio vuoto che denotava una mancanza, una perdita…

Genova, ottobre 1969


ENRICO MOROVICH: DISEGNI - ACCADEMIA LIGUSTICA 1991




ENRICO MOROVICH
(Pecine, 20 novembre 1906 – Lavagna, 29 ottobre 1994)
DISEGNI
Accademia Ligustica di Belle Arti
1991


domenica 23 novembre 2014

SERGE III: LA VIE EST TOUJOURS PLUS FORTE - ARCHIVIO CATERINA GUALCO 1999




Serge III
La vie est toujours plus forte
Archivio Caterina Gualco
febbraio 1999

(nella foto: Serge III, “Comité de Salut Public”, 1988-
Manifesto fotografico con filo spinato)


giovedì 20 novembre 2014

POESIA IN PUBBLICO / PAROLE PER MUSICA - 1979-1980




POESIA IN PUBBLICO/PAROLE PER MUSICA
ATTI DEGLI INCONTRI INTERNAZIONALI DI POESIA 1979/1980
a cura di Massimo Bacigalupo e Carola De Mari
ed. Liguria Libri 1981


lunedì 17 novembre 2014

NUOVA CORRENTE - 1954




NUOVA CORRENTE
Rivista di Letteratura 
fondata da Mario Boselli e Giovanni Sechi
1954


Nelle prime annate appariva il sottotitolo "rivista di letteratura" ed era diretta da Boselli affiancato dai redattori Piero Raffa e Giovanni Sechi ai quali si unirà in seguito Elio Pagliarani. Nel 1966, con l'uscita del n. 38, si affiancò a Boselli e ai redattori Ferruccio Rossi-Landi e Sechi, un comitato di redazione composto da Giuseppe Bartolucci, N. Castiglioni, Eugenio Miccini, Gianni Scalia, Paolo Scheggi e Adriano Spatola.
Tra i periodici degli anni cinquanta e sessanta, "Nuova Corrente" assume un ruolo fondamentale sia per le posizioni prese che per la qualità dei suoi contributi.
I primi numeri della rivista si presentano di carattere genericamente realista e offrono un costruttivo dibattito fra Boselli, Luciano Anceschi e Rosario Assunto, su come superare i limiti della letteratura di quel periodo e verso la fine del '50 e soprattutto negli anni '60, la rivista si schiera con la neoavanguardia.
Tra i dibattiti più interessanti si ricorda A proposito di letteratura e industria che apparve sul n. 25 del 1962 con interventi di Vittorio Sereni, Boselli, Secchia e Raffa preceduto dal saggio di Raffa apparso sul n. 21 Il miraggio dell'oggettività, oltre agli articoli e studi di Lamberto Pignotti, apparsi sul n. 27 del 1962 dal titolo Avanguardia e realismo, Ontologia del realismo di G. Scalia, Significato e semanticità del linguaggio visuale di Gillo Dorfles oltre ai testi di Miccini, Pagliarani, Pignotti, Spatola e Scalia.
Negli anni settanta la rivista offrì molto spazio ad interventi e saggi riguardanti la filosofia, la linguistica, la psicoanalisi e la sociologia.
Tra i collaboratori più assidui alla rivista si ricordano inoltre Vito Amoruso, Massimo Cacciari, Silvana Colella, Fabrizio Desideri, Vico Faggi, Maurizio Grande, Furio Jesi, Nino Majellaro, Santino Mele, Giorgio Patrizi, Franco Rella, Giuseppe Sertoli, Giorgio Terrone, Enrico Testa, Stefano Verdino ecc.

(Immagine: Nuova Corrente n. 3, gennaio 1955
Mario Boselli, Note su parola - oggetto; Rosario Assunto, Parola-realtà; Giovanni Sechi, Rocco Scotellaro; Alfredo Rizzardi, Creazione e distruzione del mondo fantastico di Wallace Stevens; Leonardo Sciascia, Memorie vicine; Carlo Cormagi, Taccuino del deposito; Pier Paolo Pasolini, Da « L'italiano è ladro »).


domenica 16 novembre 2014

KURT BLUM: IMMAGINI DI UNA CITTÀ / IMPRESSIONS OF A CITY - 1958




KURT BLUM
IMMAGINI DI UNA CITTÀ / IMPRESSIONS OF A CITY
testo di Luciano Rebuffo
Lerici 1958
Collana Forma e vita / 2


sabato 15 novembre 2014

ALBERTO GRECO - MANIFESTO DEL ARTE VIVO DITO - 1962




ALBERTO GRECO
MANIFESTO DEL ARTE VIVO DITO
Genova 1962

Alberto Greco (Buenos Aires, 14 gennaio 1931 – Barcellona, 14 ottobre 1965) è stato un pittore e poeta argentino, che svolse l'ultima parte della sua carriera artistica in Europa.
Dopo aver partecipato alla fondazione del informalismo argentino nel 1959 insieme agli artisti, Baulari, Pucciarelli, Wells e Noé, ed altri, si allontana dalla pittura e si avventura nel campo dell'arte concettuale. I suoi apporti sono stati fondamentali per gli inizi dell'Arte concettuale in Spagna, mettendo in pratica un tipo di interventi artístici che egli stesso chiama “vivo dito” o arte vivo. Al suo aspetto di artista-pittore multiforme aggiunge quello di poeta.

http://post.at.moma.org/sources/8/publications/128


LA LINGUA IBRIDATA - STUDIO LEONARDI / V-IDEA 1989




LA LINGUA IBRIDATA
Studio Leonardi
giugno-luglio 1989
(nella foto opere di Klaus vom Bruch e Maurizio Camerani)


"LA LINGUA IBRIDATA"
Studio Leonardi / V-idea - Genova - Giugno/Luglio 1989
(da Tract n. 9 – estate 1989)

"L'affermarsi di un 'idea, il nascere d'un nuovo linguaggio - rileva Marco Meneguzzo, un critico da sempre interessato all'espressione video - necessita di un iniziale periodo di purezza, di assoluta non contaminazione con altre idee, altri linguaggi che possano stemperare l'assunto iniziale, la forte dichiarazione d' "intenti, la chiarezza schematica di un'inedita sintassi". E così è stato anche nel caso della video-arte, che a lungo, in quello che si potrebbe chiamare il suo specifico filone di ricerca (distinto, anche se non contrapposto, rispetto a quello più propriamente "documentario", volto alla registrazione di eventi effimeri come performances, installazioni, operazioni di Land Art ecc.), si è barricata nel proprio territorio "nella convinzione - scrive ancora Meneguzzo - che il proprio identificarsi, in toto, col mezzo che dettava il proprio linguaggio avrebbe reso obsoleti tutti gli altri linguaggi artistici in un futuro neanche troppo lontano".
Ma se l'isolamento costituisce condizione favorevole alla fondazione d'un linguaggio, è però scarsamente propizio alla sua diffusione. Il mutamento di rotta che ha condotto, negli ultimi anni, i fautori del medium elettronico a ricercarne l'integrazione con altre forme espressive (l'installazione, in primis, e quindi la scultura), non sembra tuttavia esser stato prodotto da strategie o da esigenze, per così dire, di marketing.
Al contrario, alla sua origine si pone - con ogni probabilità - una più generale caratteristica epocale, l'affermarsi di uno schema foggiato non più sulla specificità e sulla separatezza delle diverse discipline bensì, al contrario, sulla complessità e sull'interrelazione fra queste.
Non mancano gli esempi a riprova: tanto più significativi perché emersi in contesti differenti. Happenings e mixed media degli anni '60/70 e, più vicina a noi, la pitto-scultura.
La video-scultura, di cui ci offre occasione di ragionare una mostra, promossa dal Goethe Institut - Genua e realizzata in collaborazione con il Centro Video Arte di Ferrara diretto da Lola Bonora, attualmente in corso allo Studio Leonardi / V-idea, a ridosso di "Video-Skulptur, retrospektiv und aktuell: 1963- 1989" curata da Wulf Herzogenrath ed Edith Decker per la Kunstverein di Colonia.
A differenza della rassegna tedesca, che riuniva opere di 45 artisti di varia estrazione nazionale, la manifestazione genovese propone una sorta di confronto fra due artisti italiani e due tedeschi, fra i più attivi ed interessanti del 'odierno panorama internazionale.
Troviamo quindi di fronte, nella prima sala, Fabrizio Plessi (che, nell'occasione, espone "Arco liquido", un lavoro che punta sulla parvenza liquida dell'immagine elettronica ove affonda, ai due estremi, un
arcuato tubo luminoso) e Barbara Hammann che propone su due video accostati il moto indipendente di due dita enormemente ingrandite, di cui viene contemporaneamente affermata e smentita la dimensione plastica, sempre rimesso in questione l'ipotetico equilibrio.
Nel secondo ambiente sono collocate le installazioni di Maurizio Camerani ("La trave d'equilibrio", 1988: un cerchio composto di elementi verticali in cemento attraversato da una barra metallica che al centro reca un video miniaturizzato sul quale a stento, e marginalmente, si percepiscono eventi - e di Klaus vom Bruch, di cui si è potuto recentemente vedere "Radarraum" al Museo Pecci di Prato, nell'ambito di "Spazi '88".
Vom Bruch addossa alla parete una struttura metallica in forma di piramide dimidiata, ponendo a fianco dei due lati altrettanti monitors (in posizione non verticale, come d'ordinario, ma orizzontale, con un rimarchevole effetto distorsivo) ove appaiono i volti anonimi e vagamente inquietanti d'ignoti personaggi, in una situazione straniata che - nota Gilberto Pellizzola - abbina "alterità congenita delle delocazioni" con la "verità sociologica degli ingredienti".


Sandro Ricaldone