domenica 30 novembre 2014

sabato 29 novembre 2014

CIRCOLO DEL CINEMA DI GENOVA - 1952-53




CIRCOLO DEL CINEMA DI GENOVA
Anno sociale 1952-1953
Sede di proiezione: Teatro postelegrafonico, Palazzo delle Poste



giovedì 27 novembre 2014

GIANNETTO FIESCHI: CATS ARE HUNGRY - 1953-55




GIANNETTO FIESCHI
CATS ARE HUNGRY
1953-1955
pag. 103


GIOVANNI ARPINO: SEI STATO FELICE GIOVANNI - EINAUDI 1952




GIOVANNI ARPINO
SEI STATO FELICE GIOVANNI
Einaudi 1952
Collana: Gettoni 

La storia è ambientata a Genova, tra i caruggi nei pressi del vecchio porto, negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale.
Giovanni e i suoi amici Mario e Mangiabuchi sono degli spiantati che cercano di tirare a campare con lavori occasionali. Mangiabuchi è un saltimbanco che fa spettacoli di strada. Giovanni è l'unico dei tre ad amare la cultura, e fa sacrifici per poter vivere da solo in una camera di un povero albergo e potersi ritagliare il tempo per leggere qualche libro. Giovanni è anche il bello del gruppo: gli piace la prostituta Giovanna, ma cede alle attenzioni di Olga, cameriera dell'albergo che gli porta da mangiare in camera per trascorrere una notte con lui.
Giovanni ha un modesto lavoro come assemblatore di cassette, ma viene licenziato. In occasione di una corsa ciclistica, Mario gli propone di vendere arance e bibite, ma il loro carretto viene investito da un camion e i debiti aumentano. Assediati dalla fame, Giovanni e i suoi amici inventano espedienti per mangiare qualcosa: in un'osteria mangiano e si ubriacano senza pagare il conto, e devono intervenire i carabinieri; poi uccidono una gatta per mangiarla arrosto, e uniscono al pasto anche le rane che Mangiabuchi usa nei suoi spettacoli.
Infine Giovanni si decide a chiedere aiuto a Francesco, un ex bancario divenuto contrabbandiere. Francesco lo fa entrare nel suo gruppo, Giovanni partecipa ad un'azione per trasportare a terra da una nave un carico di sigarette e guadagna una somma ingente, con cui riesce a pagare i suoi creditori. Dopo questo episodio Giovanni perde i contatti con Mario e Mangiabuchi, ma conosce Maria, una vedova più anziana di lui con la quale instaura una relazione, che finisce poco dopo quando Maria lo caccia.
I soldi guadagnati col contrabbando stanno per finire, e Giovanni deve trovare una soluzione per il futuro. Trascorre qualche tempo girovagando per la città, capisce che ha bisogno di «tornare a sperare», decide di partire e sale su un treno per Roma.
Il tema della felicità è richiamato spesso nel romanzo. Preso dallo sconforto, Giovanni capisce che si devono trovare dei motivi per reagire, e un motivo è egli stesso «non più felice». Quando intervengono i carabinieri, dopo l'episodio della cena non pagata, Giovanni, ubriaco, urla ripetutamente «sono molto felice». Girovagando per Genova dopo essere stato cacciato da Maria, Giovanni si imbatte nel busto di un poeta, al quale dice «sono stato felice e darei l'anima per esserlo ancora un poco».

http://it.wikipedia.org/wiki/Sei_stato_felice,_Giovanni

ROCCO BORELLA - 1972




ROCCO BORELLA
con uno dei suoi "Guard Rails" davanti alla chiesa di San Siro
1972
Foto di ADRIANO SILINGARDI


lunedì 24 novembre 2014

LUISELLA CARRETTA: INTORNO AD ATLANTIDE - 1969




LUISELLA CARRETTA
Senza titolo, 1969
(22x28 cm., china e trasferibili su carta)

INTORNO AD ATLANTIDE
Appunti per la città ideale
1969/2001

Un sogno.
La città era spettrale, di un colore livido e indefinito.
Gli uomini che si affollavano sui marciapiedi sembravano sagome vuote, senza identità, preoccupati solo di isolarsi in sé stessi per non vedere le fredde immagini delle strutture intorno a loro e non sentire i sibili assordanti e ripetitivi delle macchine che azionavano il movimento della città.
La loro trasparente identità aveva perduto anche quel residuo di linfa interna che, non molto tempo prima, ancora si poteva intravedere.
Forse, tra non molto, sarebbe finalmente arrivato il silenzio, ma non il silenzio avvolgente e corposo degli spazi naturali: un silenzio vuoto che denotava una mancanza, una perdita…

Genova, ottobre 1969


ENRICO MOROVICH: DISEGNI - ACCADEMIA LIGUSTICA 1991




ENRICO MOROVICH
(Pecine, 20 novembre 1906 – Lavagna, 29 ottobre 1994)
DISEGNI
Accademia Ligustica di Belle Arti
1991


domenica 23 novembre 2014

SERGE III: LA VIE EST TOUJOURS PLUS FORTE - ARCHIVIO CATERINA GUALCO 1999




Serge III
La vie est toujours plus forte
Archivio Caterina Gualco
febbraio 1999

(nella foto: Serge III, “Comité de Salut Public”, 1988-
Manifesto fotografico con filo spinato)


giovedì 20 novembre 2014

POESIA IN PUBBLICO / PAROLE PER MUSICA - 1979-1980




POESIA IN PUBBLICO/PAROLE PER MUSICA
ATTI DEGLI INCONTRI INTERNAZIONALI DI POESIA 1979/1980
a cura di Massimo Bacigalupo e Carola De Mari
ed. Liguria Libri 1981


lunedì 17 novembre 2014

NUOVA CORRENTE - 1954




NUOVA CORRENTE
Rivista di Letteratura 
fondata da Mario Boselli e Giovanni Sechi
1954


Nelle prime annate appariva il sottotitolo "rivista di letteratura" ed era diretta da Boselli affiancato dai redattori Piero Raffa e Giovanni Sechi ai quali si unirà in seguito Elio Pagliarani. Nel 1966, con l'uscita del n. 38, si affiancò a Boselli e ai redattori Ferruccio Rossi-Landi e Sechi, un comitato di redazione composto da Giuseppe Bartolucci, N. Castiglioni, Eugenio Miccini, Gianni Scalia, Paolo Scheggi e Adriano Spatola.
Tra i periodici degli anni cinquanta e sessanta, "Nuova Corrente" assume un ruolo fondamentale sia per le posizioni prese che per la qualità dei suoi contributi.
I primi numeri della rivista si presentano di carattere genericamente realista e offrono un costruttivo dibattito fra Boselli, Luciano Anceschi e Rosario Assunto, su come superare i limiti della letteratura di quel periodo e verso la fine del '50 e soprattutto negli anni '60, la rivista si schiera con la neoavanguardia.
Tra i dibattiti più interessanti si ricorda A proposito di letteratura e industria che apparve sul n. 25 del 1962 con interventi di Vittorio Sereni, Boselli, Secchia e Raffa preceduto dal saggio di Raffa apparso sul n. 21 Il miraggio dell'oggettività, oltre agli articoli e studi di Lamberto Pignotti, apparsi sul n. 27 del 1962 dal titolo Avanguardia e realismo, Ontologia del realismo di G. Scalia, Significato e semanticità del linguaggio visuale di Gillo Dorfles oltre ai testi di Miccini, Pagliarani, Pignotti, Spatola e Scalia.
Negli anni settanta la rivista offrì molto spazio ad interventi e saggi riguardanti la filosofia, la linguistica, la psicoanalisi e la sociologia.
Tra i collaboratori più assidui alla rivista si ricordano inoltre Vito Amoruso, Massimo Cacciari, Silvana Colella, Fabrizio Desideri, Vico Faggi, Maurizio Grande, Furio Jesi, Nino Majellaro, Santino Mele, Giorgio Patrizi, Franco Rella, Giuseppe Sertoli, Giorgio Terrone, Enrico Testa, Stefano Verdino ecc.

(Immagine: Nuova Corrente n. 3, gennaio 1955
Mario Boselli, Note su parola - oggetto; Rosario Assunto, Parola-realtà; Giovanni Sechi, Rocco Scotellaro; Alfredo Rizzardi, Creazione e distruzione del mondo fantastico di Wallace Stevens; Leonardo Sciascia, Memorie vicine; Carlo Cormagi, Taccuino del deposito; Pier Paolo Pasolini, Da « L'italiano è ladro »).


domenica 16 novembre 2014

KURT BLUM: IMMAGINI DI UNA CITTÀ / IMPRESSIONS OF A CITY - 1958




KURT BLUM
IMMAGINI DI UNA CITTÀ / IMPRESSIONS OF A CITY
testo di Luciano Rebuffo
Lerici 1958
Collana Forma e vita / 2


sabato 15 novembre 2014

ALBERTO GRECO - MANIFESTO DEL ARTE VIVO DITO - 1962




ALBERTO GRECO
MANIFESTO DEL ARTE VIVO DITO
Genova 1962

Alberto Greco (Buenos Aires, 14 gennaio 1931 – Barcellona, 14 ottobre 1965) è stato un pittore e poeta argentino, che svolse l'ultima parte della sua carriera artistica in Europa.
Dopo aver partecipato alla fondazione del informalismo argentino nel 1959 insieme agli artisti, Baulari, Pucciarelli, Wells e Noé, ed altri, si allontana dalla pittura e si avventura nel campo dell'arte concettuale. I suoi apporti sono stati fondamentali per gli inizi dell'Arte concettuale in Spagna, mettendo in pratica un tipo di interventi artístici che egli stesso chiama “vivo dito” o arte vivo. Al suo aspetto di artista-pittore multiforme aggiunge quello di poeta.

http://post.at.moma.org/sources/8/publications/128


LA LINGUA IBRIDATA - STUDIO LEONARDI / V-IDEA 1989




LA LINGUA IBRIDATA
Studio Leonardi
giugno-luglio 1989
(nella foto opere di Klaus vom Bruch e Maurizio Camerani)


"LA LINGUA IBRIDATA"
Studio Leonardi / V-idea - Genova - Giugno/Luglio 1989
(da Tract n. 9 – estate 1989)

"L'affermarsi di un 'idea, il nascere d'un nuovo linguaggio - rileva Marco Meneguzzo, un critico da sempre interessato all'espressione video - necessita di un iniziale periodo di purezza, di assoluta non contaminazione con altre idee, altri linguaggi che possano stemperare l'assunto iniziale, la forte dichiarazione d' "intenti, la chiarezza schematica di un'inedita sintassi". E così è stato anche nel caso della video-arte, che a lungo, in quello che si potrebbe chiamare il suo specifico filone di ricerca (distinto, anche se non contrapposto, rispetto a quello più propriamente "documentario", volto alla registrazione di eventi effimeri come performances, installazioni, operazioni di Land Art ecc.), si è barricata nel proprio territorio "nella convinzione - scrive ancora Meneguzzo - che il proprio identificarsi, in toto, col mezzo che dettava il proprio linguaggio avrebbe reso obsoleti tutti gli altri linguaggi artistici in un futuro neanche troppo lontano".
Ma se l'isolamento costituisce condizione favorevole alla fondazione d'un linguaggio, è però scarsamente propizio alla sua diffusione. Il mutamento di rotta che ha condotto, negli ultimi anni, i fautori del medium elettronico a ricercarne l'integrazione con altre forme espressive (l'installazione, in primis, e quindi la scultura), non sembra tuttavia esser stato prodotto da strategie o da esigenze, per così dire, di marketing.
Al contrario, alla sua origine si pone - con ogni probabilità - una più generale caratteristica epocale, l'affermarsi di uno schema foggiato non più sulla specificità e sulla separatezza delle diverse discipline bensì, al contrario, sulla complessità e sull'interrelazione fra queste.
Non mancano gli esempi a riprova: tanto più significativi perché emersi in contesti differenti. Happenings e mixed media degli anni '60/70 e, più vicina a noi, la pitto-scultura.
La video-scultura, di cui ci offre occasione di ragionare una mostra, promossa dal Goethe Institut - Genua e realizzata in collaborazione con il Centro Video Arte di Ferrara diretto da Lola Bonora, attualmente in corso allo Studio Leonardi / V-idea, a ridosso di "Video-Skulptur, retrospektiv und aktuell: 1963- 1989" curata da Wulf Herzogenrath ed Edith Decker per la Kunstverein di Colonia.
A differenza della rassegna tedesca, che riuniva opere di 45 artisti di varia estrazione nazionale, la manifestazione genovese propone una sorta di confronto fra due artisti italiani e due tedeschi, fra i più attivi ed interessanti del 'odierno panorama internazionale.
Troviamo quindi di fronte, nella prima sala, Fabrizio Plessi (che, nell'occasione, espone "Arco liquido", un lavoro che punta sulla parvenza liquida dell'immagine elettronica ove affonda, ai due estremi, un
arcuato tubo luminoso) e Barbara Hammann che propone su due video accostati il moto indipendente di due dita enormemente ingrandite, di cui viene contemporaneamente affermata e smentita la dimensione plastica, sempre rimesso in questione l'ipotetico equilibrio.
Nel secondo ambiente sono collocate le installazioni di Maurizio Camerani ("La trave d'equilibrio", 1988: un cerchio composto di elementi verticali in cemento attraversato da una barra metallica che al centro reca un video miniaturizzato sul quale a stento, e marginalmente, si percepiscono eventi - e di Klaus vom Bruch, di cui si è potuto recentemente vedere "Radarraum" al Museo Pecci di Prato, nell'ambito di "Spazi '88".
Vom Bruch addossa alla parete una struttura metallica in forma di piramide dimidiata, ponendo a fianco dei due lati altrettanti monitors (in posizione non verticale, come d'ordinario, ma orizzontale, con un rimarchevole effetto distorsivo) ove appaiono i volti anonimi e vagamente inquietanti d'ignoti personaggi, in una situazione straniata che - nota Gilberto Pellizzola - abbina "alterità congenita delle delocazioni" con la "verità sociologica degli ingredienti".


Sandro Ricaldone 

venerdì 14 novembre 2014

PENSARE PITTURA - MUSEO DI VILLA CROCE 2009




PENSARE PITTURA
una linea internazionale di ricerca negli anni settanta
a cura di Franco Sborgi e Sandra Solimano
Museo d'Arte Contemporanea di Villa Croce
17 aprile – 11 ottobre 2009


martedì 11 novembre 2014

ALAIN TANNER: LES HOMMES DU PORT




LES HOMMES DU PORT
di ALAIN TANNER
Svizzera-Francia, 1994, 64’, DVD, v.o. italiano/francese, sottotitoli in inglese
Sceneggiatura: Alain Tanner
Fotografia: Denis Jutzeler
Suono: Henri Maïkoff
Montaggio: Monica Goux
Musica: Arvo Pärt

Anche Alain Tanner è di quelli che hanno “visto Genova”, e da allora sono cambiati. Il regista vi andò perché aveva visto il cinema neorealista italiano. Lavorò un anno in uno “scagno”, poi s’imbarcò su un cargo per un altro anno. “Ho imparato lì cosa è il lavoro, e questo mi è servito poi anche nel cinema.”
Poi, per quarant’anni, Tanner non era più tornato a Genova: lo ha fatto ora, filmando i vecchi pensionati che forse aveva incrociato nel porto, gli scorci di via Prè, le musiche del dialetto. Riconoscente, ha cercato di fare qualcosa per la città che gli aveva insegnato a lavorare e di cui ora racconta la crisi, i cambiamenti, le trasformazioni culturali, la rivoluzione dei container, che non solo ha decimato i portuali ma ha reso anonime le merci e il rapporto degli uomini con esse. Spiega a un popolo senza mare chi sono gli “uomini del porto” e come funziona la “Compagnia unica” che vede come un modello di organizzazione del lavoro nella libertà.
Resta sconvolto dall’autostrada sopraelevata, un pezzo di America in un tessuto medievale, ma non sta troppo a rimpiangere il passato. Qualcosa è rimasto: le mani di un operaio che guidano un gruista nella posa di un container sembrano quelle di un direttore d’orchestra. 

(Alberto Farassino, La Repubblica, 1996)



lunedì 10 novembre 2014

sabato 8 novembre 2014

GENOVA IN CELLULOIDE: I REGISTI LIGURI - 1984




GENOVA IN CELLULOIDE
I REGISTI LIGURI
a cura di Claudio Bertieri e Marco Salotti
Ed. Comune di Genova, 1984


MAURICE LEMAITRE E MARTINO OBERTO - JOYCE & CO. 2003




MAURICE LEMAITRE e MARTINO OBERTO
all'inaugurazione della mostra "Maurice Lemaitre: fotografie"
Galleria Joyce & Co.
10 gennaio 2003


mercoledì 5 novembre 2014

PIERO MANZONI - GALLERIAFORMA 1973





PIERO MANZONI

a cura d Germano Celant
Galleriaforma
1973



PAOLO MINETTI 
GALLERIAFORMA 
1972-1982 
"opuscola" 
Libreria Sileno editrice

Anche per la Galleriaforma è giunto il momento di raccontarne la storia. E' stata una vicenda intensa e dolcemente lunga per una esperienza "avanguardistica", cosi allora si usava dire delle gallerie impegnate nella ricerca. Era un punto, modesto e frammentario s'intende, proiettato nel mondo delle arti visive. Nel cuore pulsante della vecchia e ricostruita Genova, "Piccapietra". Ogni mese si presentava quanto nel mondo dell'arte si andava producendo, con una intensità ravvicinata per una promozione delle arti visive, sempre cosi lente e attente in modo arcigno alla mercantilità. 
La Galleriaforma iniziava la sua attività nell'ottobre del 1972. Provenivo da una serie di esperienze estremamente stimolanti che avevano fatto della vita culturale di Genova un centro di sperimentazione d'avanguardia. In grande parte le manifestazioni erano ispirate dal prof. Eugenio Battisti. Animatore infaticabile di proposte culturali di respiro internazionale. 
Attività, purtroppo, non recepite e neppure incoraggiate, anzi, in gran parte osteggiate duramente. La proposta di aprire a Genova un Museo d'arte contemporanea, primo in Italia, è noto come andò a finire. Le opere già raccolte, rifiutate dal Comune di Genova, furono dirottate a Torino. Egual sorte toccò alla prestigiosa rivista d'arte "Marcatrè" , anch'essa ideata e promossa da Battisti, fondata a Genova in una lunga serata colloquiale sulla battigia di Boccadasse. Dopo pochi numeri l'editore Lerici se ne appropriò, spostandone la sede da Genova a Roma. Iniziavano gli anni sessanta. Lungo la linea tracciata da Battisti si sviluppava, dal 1963, l'attività della "Galleria del Deposito" (Gruppo Cooperativo di Boccadasse) primo esempio di cooperazione internazionale tra artisti e operatori culturali (giornalisti, fotografi, grafici, editori, ecc.) italiani e stranieri, con preminenti finalità di divulgazione e promozione culturale che dettero vita ad una fervida, esaltante stagione di intensa e multiforme attività artistica e produttiva sul finire degli anni '60. E' da ricordare ancora la breve ma intensissima attività della Galleria "Carabaga" che annoverava tra i suoi soci fondatori e animatori più preparati, Edoardo Sanguineti, allora docente a Torino. 

Agli inizi degli anni '70 tutte queste vivaci stimolanti esperienze si erano esaurite e fu allora che si senti la necessità di non disperdere un patrimonio di esperienze che avevano arricchito quanti queste attività le vissero. E' da questa esigenza che nasceva nel 1972 la "Galleriaforma" e il 21 ottobre dello stesso anno si inaugurava la prima mostra con lo scultore Mario Ceroli, seguivano Enrico Castellani, Warhol e Manzoni, i coniugi Becher, solitari fotografi di edifici industriali, Robert Morris e Gordon Matta Clark, straordinario artista americano precocemente scomparso. Una fra le più importanti mostre di quella stagione, punto di svolta degli indirizzi di proposta della Galleria, fu quella di Robert Morris, nel maggio del '73. Notissimo e conturbante artista minimale intervenne nello spazio (interno/esterno) con grandi sculture attraversanti le finestre della Galleria stessa. 
Cominciava così, in sordina, la fase "concettuale": una fra le più interessanti dell'intero ciclo di attività della Galleria. Agnetti con il suo progetto "Amleto politico" sottolineò con forza le tendenze della Galleria. Seguirono nell'ordine Jannis Kounellis con la sua "Scultura greca in frantumi", Acconci con il suo diario segreto (maggio '74). Chiudevano la seconda stagione Anne e Patrick Poirier con il loro "Erbario della memoria", una rivisitazione proustiana sulle tracce di un bosco perduto e mai dimenticato. Nel settembre della stessa stagione Niele Toroni con le sue "Impronte di pennello" ripetute ad intervalli di 30 centimetri riportava le manifestazioni della Galleria alla verifica tecnica della pittura. Nel corso della stessa stagione veniva presentata una personale, particolarmente importante e unica nel suo genere, di Dennis Oppenheim, osservatore acuto e nevrotico dello spazio infinito e desolante del continente americano. Giulio Paolini compose per la Galleria un inedito "Idem V" serie di duplicazioni che l'artista andava concentrando nella sua attività di ironico e strabiliante osservatore della natura.
Michele Zaza presentava per la prima volta un tema a lui molto caro quello della dissoluzione e della mimesi; seguivano Riccardo Camoni, Antonakos e Roger Welch. 
La quarta stagione apri i suoi battenti con Nicola De Maria, non ancora "transavanguardista", che iniziava così a Genova la sua brillantissima carriera pittorica. 
Nel dicembre dello stesso anno Achille Bonito Oliva, ancora non troppo conosciuto ma ipercinetico, presentava un'inedita performance di critico-artista con il suo saggio-recital: "Le figure: artista, spettatore, collezionista". Qualche tempo dopo avrebbe fatto la sua comparsa sulle scene artistiche la "transavanguardia". Seguivano due mostre particolarmente interessanti, quella di Mario Merz che, applicando la legge dei numeri di Fibonacci, presentava una serie rigorosa di vetri, 
terra, neon in ripetuta serialità appunto e quella di Claudio Parmiggiani con le sue seducenti "Relocazioni" (maggio 76). Nell'ottobre dello stesso anno Pier Poalo Calzolari iniziava la terza stagione. Seguivano i 
"monocromi" di Mario Schifano, Sandro Chia concludeva il suo percorso concettuale. Ci eravamo inoltrati nel gennaio del 77. Claudio Costa che dall'alveo duchampiano traeva i suoi mobili, le api d'oro e il tentativo di ricostruzione del mistero universale. Nel novembre del '77 Claudio Olivieri presentava le sue ermetiche vibrazioni monocrome; seguivano Marcia Hafif, Plinio Mesciulam, Athos Ongaro, Elisa Montessori. 
Nell'ottobre del '78 Maurizio Corona inaugurava la stagione della Galleria con la sua prima mostra. Fu poi la volta di Roberto Caspani con il "Giardino di Orfeo", Radu Dragumirescu con le sue tenebrose caverne rumene ed infine Omar Galliani ritrattava in modo manieristico "Dame con unicorno". 
Le ultime stagioni vedevano alternarsi mostre di giovani promesse e artisti affermati in Italia e all'estero, seguendo la prassi ormai consolidata e l'indirizzo eclettico della Galleria. Giuliano Menegon con le sue tenui colorazioni poetiche, Enrico Barbera che iniziava la 
sua carriera d'artista, Aldo Spoldi, Valerio Adami, Carl-Henning Pedersen, Sirotti e Piero Dorazio. L'ultima stagione 1981-'82 si apriva con una grande rassegna di opere del pittore inglese Graham Sutherland, seguivano una mostra, definita da Achille Bonito Oliva, "Pittura in radice", di tre artisti genovesi per l'occasione accomunati. Alla 
presentazione parteciparono i critici Germano Beringheli, A.B. Oliva e Rossana Bossaglia. Gianni Carrea e la sua conturbante serialità africana, Luigi Grande, Flavio Costantini, Roberto Amadei concludevano il ciclo e l'attività della Galleriaforma. Era il giugno del 1982. 
In dieci anni di lavoro molto intenso e non certamente routinario la Galleriaforma aveva aperto, così mi è parso, la strada a tante giovani promesse, presentato artisti noti all'estero e poco conosciuti in Italia, 
aveva operato scelte in piena autonomia e non di comodo. Occorre ricordarlo, erano gli oscuri e drammatici anni di piombo. I pensieri raccolti in questo piccolo tomo rappresentano i vent'anni della mia vita dedicata alle arti figurative. Per dirla con più presunzione i miei vent'anni di attenzione alle arti visivo-plastiche. Ne ho ricavato una grande esperienza, uno straordinario bagaglio di "immagini" che sicuramente conserverò per sempre ma, soprattutto, ho imparato il mestiere di vivere proprio lì in quella fucina di idee che sono gli studi degli artisti. Ho imparato a mettere in discussione ogni cosa e non solo quella artistica. Rifarei, s'intende, tutto quanto ho fatto con gli stessi errori che adesso scopro (ma chi sa se di errori si tratta) ritrovando quella straordinaria ingenuità che fasciava le mie ore di osservatore e animatore delle arti. Fu un'intensa stagione benigna e creatrice. La precarietà e l'instabilità politica circondava tutti noi affondandoci in un'estasi di sottile smarrimento della vita ma che, nel bene come nel male doveva portarci ancora più in avanti per farei osservare meglio il segno che contraddistingueva il nostro lavoro. Un lavoro sommerso, forse anche inutile, ma che dava a noi tutti e a me stesso il senso di un tracciato morfologico non piatto e questo mi bastava e ci bastava. Chissà! Il mondo tutt'attorno sembrava distratto con altre cose, di certo più importanti, ma il cuore era in sintonia e batteva. I diciottenni stavano cambiando non solo le nostre abitudini - cambiavano la nostra vita. Come poteva essere, che senso poteva avere l'esporre il tracciato precario e ambiguo di un artista. Nessuno. 
Cosi allora pensavamo mentre vivevamo con struggente intensità ogni nostra ora. 
Oggi, ripercorrendo a memoria quegli anni, la commozione ci attanaglia e ci sembra di poter dire, serenamente, che non sciupammo il nostro tempo (poco male) ma neppure quello molto più prezioso degli altri. Informammo su cosa stava accadendo attorno e dentro di noi. Non sarà stata cosa da poco se in minima parte ci saremo riusciti. 

110 ANNI DI ATTIVITA' DELLA 
GALLERIAFORMA 
60 Mostre realizzate di: Mario Ceroli, Enrico Castellani, Andy Warhol, Piero Manzoni, Bernd e Hilla Becher, Robert Morris, Gordon Matta Clark, Vincenzo Agnetti, David Rabinowicth, Joel Fisher, Francesco Mattarese, Douglas David, Lucio Pozzi, Record as Artwork, Eleonor Antin, James Juszczyk, Marco Gastini, Jannis Kounellis, Vito Acconci, Anne e Patrick Poirier, Niele Toroni, Dennis, Oppenheim, Michele Zaza, Riccardo Camoni, Georges Antonakos, Roger Welch, Nicola De Maria, Giuliano Paolini, A.B. 
Oliva, Mario Merz, Claudio Parmiggiani, P.P. Calzolari, Sandro Chia, Claudio Olivieri, Marcia Hafif, Plinio Mesciulam, Athos Ongaro, Elisa Montessori, Maurizio Corona, Roberto Caspani, Radu Dragumirescu, Omar Galliani, Giuliano Menegon, Enrico Barbera, do Spoldi, Valerio Adami, Carl Henning Pedersen, Raimondo Sirotti, Piero Dorazio, Graham Sutherland, Enzo Cacciola, Gianfranco Zappettini, Luigi Grande, Flavio Costantini, Gianni Carrea, Angelo Funghini, Roberto Amadei. 

Edizioni 5 Titoli in 1000 esemplari di: Piero Manzoni, Vincenzo Agnetti, Richard Nonas, Bernd e Hilla Becher, Paolo Icaro

CONCERT FLUXUS - LA BERTESCA1967




CONCERT FLUXUS
Galleria La Bertesca
6 giugno 1967

performers: Sergio Albergoni, Ugo Nespolo, Gianni Sassi, Gianni Emilio Simonetti

pezzi di / pieces by
Ayo, Alocco, Ben Vautier, George Brecht, Al Hansen, Juan Hidalgo, Walter Marchetti, Dick Higgins, George Maciunas, Alison Knowles, Emmett Williams, Tomas Schmit, Kosugi, Robert Watts, Serge Oldenbourg, Walter De Maria, La Monte Young, Yoko Ono, Chieko Shiomi, Nam June Paik, Benjamin Patterson, Joe Jones.



martedì 4 novembre 2014

ANDREA CROSA - STUDIO LEONARDI N 1988




ANDREA CROSA
Studio Leonardi
marzo 1988


TEATRO DELL'ORRORE: DESCRIZIONE DI UN PAESAGGIO - 1988




TEATRO DELL'ORRORE
DESCRIZIONE DI UN PAESAGGIO
da Heiner Müller
Teatro di S. Agostino 
Genova 18-20 aprile 1988

adattamento dei testi a cura di Johannes Birringer
traduzione di Attilio Caffarena
supervisione alla drammaturgia di Hans Werner Kroesinger
progetto sonoro di Randall Davis

equipe di produzione:
Andrea Baudo, Attilio Caffarena, Franca Fioravanti, Cristina Grattarola, Renzo Lombardi, Carmen Punturieri, Gabriella Verardo.