LA LINGUA IBRIDATA
Studio Leonardi
giugno-luglio 1989
(nella foto opere di Klaus vom Bruch e Maurizio Camerani)
"LA LINGUA IBRIDATA"
Studio Leonardi / V-idea - Genova - Giugno/Luglio
1989
(da Tract n. 9 – estate 1989)
"L'affermarsi di un 'idea, il nascere d'un
nuovo linguaggio - rileva Marco Meneguzzo, un critico da sempre interessato
all'espressione video - necessita di un iniziale periodo di purezza, di
assoluta non contaminazione con altre idee, altri linguaggi che possano
stemperare l'assunto iniziale, la forte dichiarazione d' "intenti, la
chiarezza schematica di un'inedita sintassi". E così è stato anche nel
caso della video-arte, che a lungo, in quello che si potrebbe chiamare il suo specifico
filone di ricerca (distinto, anche se non contrapposto, rispetto a quello più
propriamente "documentario", volto alla registrazione di eventi effimeri
come performances, installazioni, operazioni di Land Art ecc.), si è barricata
nel proprio territorio "nella convinzione - scrive ancora Meneguzzo - che
il proprio identificarsi, in toto, col mezzo che dettava il proprio linguaggio
avrebbe reso obsoleti tutti gli altri linguaggi artistici in un futuro neanche
troppo lontano".
Ma se l'isolamento costituisce condizione
favorevole alla fondazione d'un linguaggio, è però scarsamente propizio alla
sua diffusione. Il mutamento di rotta che ha condotto, negli ultimi anni, i
fautori del medium elettronico a ricercarne l'integrazione con altre forme
espressive (l'installazione, in primis, e quindi la scultura), non sembra tuttavia
esser stato prodotto da strategie o da esigenze, per così dire, di marketing.
Al contrario, alla sua origine si pone - con ogni
probabilità - una più generale caratteristica epocale, l'affermarsi di uno schema
foggiato non più sulla specificità e sulla separatezza delle diverse discipline
bensì, al contrario, sulla complessità e sull'interrelazione fra queste.
Non mancano gli esempi a riprova: tanto più
significativi perché emersi in contesti differenti. Happenings e mixed media
degli anni '60/70 e, più vicina a noi, la pitto-scultura.
La video-scultura, di cui ci offre occasione di
ragionare una mostra, promossa dal Goethe Institut - Genua e realizzata in
collaborazione con il Centro Video Arte di Ferrara diretto da Lola Bonora,
attualmente in corso allo Studio Leonardi / V-idea, a ridosso di "Video-Skulptur,
retrospektiv und aktuell: 1963- 1989" curata da Wulf Herzogenrath ed Edith
Decker per la Kunstverein di Colonia.
A differenza della rassegna tedesca, che riuniva
opere di 45 artisti di varia estrazione nazionale, la manifestazione genovese
propone una sorta di confronto fra due artisti italiani e due tedeschi, fra i
più attivi ed interessanti del 'odierno panorama internazionale.
Troviamo quindi di fronte, nella prima sala,
Fabrizio Plessi (che, nell'occasione, espone "Arco liquido", un
lavoro che punta sulla parvenza liquida dell'immagine elettronica ove affonda,
ai due estremi, un
arcuato tubo luminoso) e Barbara Hammann che
propone su due video accostati il moto indipendente di due dita enormemente
ingrandite, di cui viene contemporaneamente affermata e smentita la dimensione
plastica, sempre rimesso in questione l'ipotetico equilibrio.
Nel secondo ambiente sono collocate le
installazioni di Maurizio Camerani ("La trave d'equilibrio", 1988: un
cerchio composto di elementi verticali in cemento attraversato da una barra
metallica che al centro reca un video miniaturizzato sul quale a stento, e
marginalmente, si percepiscono eventi - e di Klaus vom Bruch, di cui si è
potuto recentemente vedere "Radarraum" al Museo Pecci di Prato,
nell'ambito di "Spazi '88".
Vom Bruch addossa alla parete una struttura
metallica in forma di piramide dimidiata, ponendo a fianco dei due lati
altrettanti monitors (in posizione non verticale, come d'ordinario, ma
orizzontale, con un rimarchevole effetto distorsivo) ove appaiono i volti
anonimi e vagamente inquietanti d'ignoti personaggi, in una situazione
straniata che - nota Gilberto Pellizzola - abbina "alterità congenita
delle delocazioni" con la "verità sociologica degli
ingredienti".
Sandro Ricaldone